lunedì 15 settembre 2008

Ansia di Tratto ed Ansia di Stato


L'ansia non si manifesta come un fenomeno unitario, ovvero è possibile rilevare due diverse tipologie di ansia:

Ansia di tratto:

Questa tipologia di ansia si caratterizza come un elemento relativamente stabile della personalità.
Il cosiddetto “tratto ansioso” è una caratteristica della personalità di alcuni soggetti i quali tendono ad avere il sistema di difesa dell’ansia particolarmente marcato, tanto da vivere la maggior parte delle esperienze in modo preoccupato, agitato, inquieto, ansioso, appunto. In pratica lo stile percettivo di tipo ansioso della persona si estende a tutti gli ambiti della sua esperienza di vita, diventando a tutti gli effetti una caratteristica di personalità.
Coloro che mostrano un tratto di ansia più sviluppato manifestano una reattività maggiore ad un grande numero di stimoli; insomma reagiscono con preoccupazione anche in quelle situazioni che non rappresentano una fonte di minaccia per la maggior parte degli individui. Queste persone hanno una probabilità maggiore di presentare ansia di stato in circostanze a basso potenziale ansiogeno, come per esempio le normali attività quotidiane, o di sperimentare livelli più elevati di ansia di stato in presenza di stimoli ansiogeni.

Ansia di stato:

L'ansia di stato si manifesta come una interruzione del continuum emozionale, cioè provoca una rottura nell'equilibrio emotivo della persona; si esprime per mezzo di una sensazione soggettiva di tensione, preoccupazione, inquietudine, nervosismo, reattività. Risulta associata ad una attivazione del sistema nervoso autonomo, il quale provoca una serie di attivazioni fisiologiche. Elevati livelli di ansia di stato risultano particolarmente spiacevoli, disturbanti e addirittura dolorosi, al punto di indurre la persona a mettere in atto dei meccanismi comportamentali di adattamento finalizzati a porre fine a queste sensazioni. Tuttavia questi meccanismi possono non raggiungere lo scopo, lasciando spazio ad altri comportamenti, questa volta di tipo mal adattivo (evitamento, dipendenza…), che portano all'effetto opposto, ovvero all'aumento ulteriore dell'ansia, avviando una circolo vizioso di tipo patologico.

Avvio di un Intervento


Prima Accoglienza
Il primo incontro informativo è uno spazio che dedico all'ascolto delle problematiche personali e allo scambio di informazioni utili sui tipi e sulle modalità di intervento che posso offrire. Spesso è anche l'occasione per dissipare i pregiudizi e paure irrazionali associate comunemente allo svolgimento di percorso psicologico.
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Esplorazione del Problema e della Domanda
Quando il cliente decide di intraprendere un percorso psicologico, inizio con il dedicare i primi 4-5 incontri all'esplorazione della situazione problematica presentata e della richiesta che mi viene fatta. Gli incontri sono caratterizzati da un'intervista piuttosto dettagliata sulla storia di vita e sulle diverse aree di funzionamento del cliente al fine di individuare obiettivi costruttivi e realistici. Questi primi incontri sono inoltre utili per valutare la presenza della motivazione e della compatibilità necessarie alla collaborazione.
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Consulenza o psicoterapia?
Propongo una consulenza quando il problema presentato rimane circoscritto ad un'area specifica di funzionamento e all'esigenza di una migliore comprensione e gestione pratica dello stesso. Propongo una psicoterapia quando invece il disagio della persona, pervasivo e clinicamente significativo, è fondato sulla disfunzionalità di modalità intrapsichiche e interpersonali strutturate e complesse .

Modalità e tempi
La consulenza, in quanto processo di definizione della situazione problematica e di esplorazione delle risorse ed opzioni per gestirla, si articola in un ciclo incontri, generalmente a breve termine (6-10 mesi).
La psicoterapia, in quanto processo di cura, recupero, maturazione della struttura globale e profonda della personalità, prevede invece un percorso più a lungo termine (a partire dai 6-12 mesi).

Il raggiungimento degli obiettivi rimane, in ogni caso, il parametro principale a partire dal quale si valuta e si concorda insieme l’interruzione degli incontri. Esso dipende in gran parte dalla collaborazione e dall’impegno attivo del paziente, anche al di fuori della seduta psicologica.
Eventuali difficoltà relative al lavoro o alla relazione, spesso proiezione delle proprie modalità disfunzionali di trattare se stesso, l’altro e la vita, divengono invece importante oggetto del lavoro in seduta.
In ogni caso ci si accorda su una seduta di conclusione del lavoro svolto, degli obiettivi raggiunti ed eventualmente, degli aspetti o delle aree di lavoro ancora inesplorate.

Verrà stabilito, secondo le reciproche esigenze, uno spazio settimanale fisso (o due, se necessario). La seduta settimanale avrà una durata di 50 minuti.
Verrà concordato l’impegno ad essere presente e puntuale da parte di entrambi. Solo in caso di eccezioni ed urgenze è possibile chiedere il recupero della seduta in altro giorno, nella settimana corrente o successiva. Nel rispetto dell’impegno preso, le sedute disdette all’ultimo momento o saltate senza avvertimento sono soggette a pagamento.

Verrà firmato un modulo di consenso al trattamento dei dati e di accordo sui suddetti termini della collaborazione.
Quanto emerge in seduta è protetto dal segreto professionale.

Breve panoramica dei disturbi d'ansia



Singolo Attacco di panico: periodo definito di intensa paura caratterizzato da almeno 4 sintomi che raggiungono il picco di intensità nel giro di 10minuti: tachicardia, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, sensazione di sbandamento, sensazione di irrealtà, paura di perdere il controllo o impazzire, paura di morire, parestesie (sensazioni di torpore e formicolio), brividi o vampate di calore.

Disturbo di Panico con o senza agorafobia: attacchi di panico inaspettati e ricorrenti accompagnati da almeno un periodo di 1 mese in cui si verificano 1 o più dei seguenti sintomi: preoccupazione di avere altri attacchi di panico, paura delle conseguenze (perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, impazzire, morire..). Presenza o meno di agorafobia*.

*Agorafobia senza panico: sensazione di disagio provata quando ci si trova in ambienti non familiari (uscire di casa, entrare nei negozi, stare in fila, stare nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto pubblico o in automobile) e si teme di non trovare una via di fuga immediata verso un luogo sicuro o l’aiuto disponibile nel caso ci si sentisse male o si avvertisse un sintomo imbarazzante ed incapacitante. Tali situazioni vengono evitate o vissute con disagio.

Fobia sociale: paura marcata di situazioni sociali o prestazionali in cui si è esposti al giudizio altrui, paura di agire in modo umiliante o imbarazzante. L’esposizione procura ansia e panico. Le situazioni vengono evitate o sopportate con estremo disagio.

Fobie specifiche: paura forte e persistente di un oggetto, un’attività o di una situazione per cui si tende all’evitamento della stessa. Sia la presenza che l'anticipazione dell'oggetto della fobia suscitano un profondo disagio (ansia, panico) nella persona colpita, che di solito riconosce come eccessiva la propria reazione.

Disturbo Post-traumatico da stress e acuto da stress: risposta dell’individuo, a breve e lungo termine, ad un evento critico abnorme (terremoti, incendi, nubifragi, incidenti stradali, abusi, atti di violenza, azioni belliche, etc.) caratterizzata principalmente da: flashback intrusivi del trauma, stato di coscienza simile allo stordimento ed alla confusione, tendenza ad evitare tutto ciò che ricordi l'esperienza traumatica, incubi sull’esperienza traumatica, insonnia, irritabilità, ansia, aggressività e tensione generalizzate.

Ansia generalizzata: preoccupazione eccessiva per la maggior parte dei giorni e per una moltitudine di eventi che dura almeno 6 mesi, difficoltà a controllare la preoccupazione, irrequietezza, affaticabilità, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, tensione muscolare, alterazioni del sonno.

Disturbo ossessivo compulsivo: presenza di ossessioni (pensieri, immagini o impulsi ricorrenti, persistenti e vissuti come incontrollabili) e compulsioni (comportamenti o azioni mentali ripetitive che l'individuo si sente obbligato a eseguire, come una sorta di rituale, per difendersi da una certa ossessione o dall’ansia). Le compulsioni possono riguardare diverse tematiche come la contaminazione, l'ordine, il controllo.

La Trappola mentale (dell'ansia)

Alcuni processi psicologici che la persona mette in atto per controllare e gestire l’ansia non fanno altro che rinforzare la paura e la convinzione di essere inadeguati

1. La nostra mente scambia il dispositivo sano dell’ansia e le alterazioni fisiologiche ad essa associate per qualcosa di pericoloso e incontrollabile. Dopo i primi attacchi di ansia e di panico, non sono nemmeno più necessari stimoli esterni per innescare la catena di reazioni psicofisiologiche. A volte basta solo un’immagine mentale di una situazione o un ricordo per scatenare pensieri catastrofici, emozioni negative e ansiose ed infine, comportamenti di evitamento. La persona tende spesso a diventare ipersensibile alle sensazioni fisiche e alle emozioni. Invece di usarle in modo sano come segnali per agire, se ne spaventa, li interpreta tutti come pericolosi, invece di agire in modo costruttivo per risolvere il bisogno di fondo, cerca di cancellarli, ridurli, sedarli.

2. Vivendo le proprie reazioni fisiologiche come pericolose, la persona cerca di controllarle. Rivolge continuamente la propria attenzione all’ascolto del corpo e dei parametri fisiologici e tenta di modularli. Ma poichè esse sono funzioni spontanee e automatiche, lo stesso tentativo di controllarle produce la loro alterazione. E’ proprio il tentativo di controllo che fa perdere il controllo. L’alterazione delle funzioni, autodeterminata, genera pensieri catastrofici, i pensieri alimentano paura ed ansia e la persona inizia a bloccarsi e ad evitare situazioni.

A controprova di questo si verifica che:
a. se durante l’episodio di ansia e panico, accade qualcosa che distoglie l’attenzione della persona dai sintomi fisici e dai pensieri negativi, l’attacco di ansia e di panico si disinnesca.
b. se la persona prova volontariamente ad amplificare ed esasperare le sue sensazioni, invece di tentare di ridurle, l’attacco di ansia si disinnesca.


3.La persona tende ad evitare le situazioni associate agli attacchi di ansia. L’apparente sollievo iniziale ha però un prezzo altissimo. Rinforza l’idea che la situazione sia pericolosa e rinforza la convinzione della persona di essere inadeguata ad affrontarla. La strategia dell’evitamento (sana quando il pericolo per la vita è reale) tende ad irrigidirsi, a diventare un atteggiamento abituale e sistematico. Questa modalità alimenta la sfiducia in se stessi e porta ad una sempre più generale inazione. Spesso le situazioni temute si moltiplicano, la stima di sé scende vertiginosamente, la limitazione della libertà individuale si amplifica.

A controprova di questo si verifica invece che l’esposizione graduale alle situazioni temute accompagnata dall’uso di nuove risorse (nuove modalità di pensare, sentire e agire) sia il metodo principale per consentire alla persona di rinforzare autostima e senso di adeguatezza e, di conseguenza, ridurre il proprio stato di allarme, se inappropriato o patologico.

4.La persona struttura relazioni fondate sul fatto che l’altro, conoscendone i limiti, si ponga nei suoi confronti, in maniera protettiva, complice o sostitutiva. Il soggetto in questo modo evita ancora una volta il confronto con i suoi limiti e conferma il suo senso di inadeguatezza. Con il tempo le richieste di aiuto aumenteranno e aumenterà il timore di affrontare da soli le situazioni.

A controprova di questo, l’affrontare con le propri risorse situazioni lasciate alla gestione altrui, rinforza autostima, autonomia e sicurezza.

L'ansia patologica


È ansia patologica il sentirci pronti a reagire anche quando non avremmo motivo o bisogno di essere reattivi, quando siamo pronti a scattare e nulla ci allarma, quando proviamo una serie di segni fisici o psicologici anche se potremmo sentirci tranquilli e rilassati. E quando tutto ciò agisce dolorosamente sia su di noi che su quelli che a noi stanno vicini.
Può accadere che non siamo capaci di superare del tutto una situazione di pericolo, oppure che allo stato d'allarme e attivazione non corrisponda un pericolo reale da fronteggiare e risolvere; in tal caso l'ansia si trasforma da risposta del tutto naturale e adattiva a sproporzionata o irrealistica preoccupazione ed assume una connotazione di disturbo psichico, perdendo la funzione di elemento di crescita e maturazione, divenendo piuttosto un elemento di disgregazione della personalità.

È così che l'ansia perde la sua funzione adattiva tesa a favorire il rapporto con l'ambiente, provocando al contrario disadattamento e perdita di contatto con l'ambiente stesso.
Questa evenienza può presentarsi per diversi motivi; in linea generale accade poiché vi è una valutazione errata delle percezioni che riceviamo da parte dei nostri processi cognitivi.
Quando ciò accade la persona tende a sviluppare varie tipologie di comportamento, in genere di tipo patologico, al fine di tenere sotto controllo le forti angosce che la attanagliano continuamente.
Un esempio è il comportamento di evitamento, attraverso il quale la persona evita volontariamente e ripetutamente il contatto con la fonte d'ansia (per esempio la vicinanza ai cani nel caso di soffre di fobia verso questi animali), alimentando in maniera sempre maggiore la paura verso di essa (rinforzando le paure irrazionali, le fantasie catastrofiche, il senso di inadeguatezza nell’affrontarle).

Nei casi più gravi può accadere che la persona perda la consapevolezza della fonte della propria ansia, rimuovendola a livello inconscio. Il meccanismo di difesa della rimozione agisce come una sorta di censura della mente, relegando i pensieri e i ricordi spiacevoli e minacciosi ad una parte inconscia della psiche. Questi elementi non vengono più ricordati, tuttavia restano presenti e continuano, di tanto in tanto, a generare angoscia. A questo punto l'ansia diventa generalizzata e non ha apparentemente una causa visibile.

Un altro fattore importante da tenere in considerazione è costituito dai vantaggi secondari del comportamento di evitamento. Infatti chi soffre di ansia può in un certo senso "approfittare" della sua situazione per ottenere aiuto dagli altri, magari anche in modo non del tutto consapevole; per esempio, tornando all'esempio del cinofobico (chi soffre di paura dei cani), egli potrebbe evitare di uscire di casa da solo per paura di essere aggredito da un cane e chiedere ad un familiare o ad un amico di accompagnarlo ogniqualvolta deve allontanarsi da casa. O addirittura chiedere ad un'altra persona di svolgere le attività al posto suo. Questo tipo di comportamento non fa altro che tenere la persona a distanza dalla sorgente delle proprie angosce, impedendole di affrontarle e risolverle costruttivamente (e di costruire quel senso di autoefficacia e autostima necessari).

Le funzioni adattive dell'ansia


L'ansia, la cui etimologia latina richiama concetti quali il sentirsi soffocare e il sentirsi stretti, è connotata da varie sensazioni per lo più spiacevoli fra cui il timore, la paura, l'apprensione, la preoccupazione, la sensazione che le cose possano sfuggire di mano, il bisogno di trovare una soluzione immediata e, nel caso di esposizione prolungata, la frustrazione e la disperazione.

Tuttavia l'ansia è un' emozione naturale e universale; è generata da un meccanismo fisiologico e psicologico di risposta allo stress il quale svolge la funzione di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima ancora che quest'ultimo sia chiaramente sopraggiunto, mettendo in moto specifiche risposte fisiologiche che spingono da un lato all'esplorazione per identificare il pericolo ed affrontarlo nella maniera più adeguata e, dall'altro, quando necessario alla sopravvivenza, all' evitamento e alla eventuale fuga.

- ANTICIPARE IL PERICOLO
- VALUTARE LA SITUAZIONE
- AGIRE NEL MODO PIU’ ADEGUATO

Questa caratteristica di interesse ed evitamento nei confronti di un possibile pericolo si ritrova soltanto negli uomini e negli animali superiori e favorisce la conoscenza del mondo circostante e un migliore adattamento ad esso.

Il sistema è molto complesso e prevede una reazione che è contemporaneamente fisiologica e psicologica.

L'ansia è insomma un'emozione fondamentale e del tutto spontanea, che ha la funzione di proteggerci dalle minacce esterne preparandoci all'azione e contemporaneamente motivandoci all'interazione con il mondo circostante.

L'ansia ha altre funzioni fondamentali oltre a quella sopraccitata: essa ci consente di impegnarci nei compiti che svolgiamo quotidianamente, in particolar modo in quelle attività che non svolgiamo con interesse ma che dobbiamo portare a termine. Studiare per un esame poco interessante, per esempio, diverrebbe pressoché impossibile se non vi fosse una spinta sottostante di ansia da prestazione. Anche svolgere il proprio lavoro quotidianamente con impegno non sarebbe sempre possibile senza la pressione dell'ansia. Allo stesso modo, anche un'azione apparentemente banale come quella di uscire di casa in tempo per prendere l'autobus o il treno fallirebbe miseramente se fosse esente da ansia.

Questi tipi di ansia sono costruttivi, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza. Fungono da intermediario tra il mondo esterno e il nostro mondo psichico interno, rendendoci capaci di far fronte ai problemi della vita e di adoperarci per migliorare il nostro adattamento all'ambiente. Sono dunque fattori di crescita e sviluppo della personalità che forniscono stimoli e motivazione all'accrescimento.

Senza l'ansia molti nostri comportamenti non potrebbero prevedere la capacità d'adattamento per rispondere ad uno stimolo che compare, talvolta d'improvviso, a modificare i nostri equilibri, mentre altre volte lo conosciamo in anticipo e dobbiamo solo organizzarci.
Esiste quindi una condizione connaturata con l'individuo, fatta di attese, di preparazione, di sforzo, che fornisce una risposta a ciò che internamente o esternamente ci sollecita.

L'ansia nasce anche dai ricordi o dalle emozioni, dalla elaborazione di quello che ci è successo in passato o che potrà accaderci in futuro. E poi c'è quella forma di ansia del tutto sconosciuta e maldestra, che proviene dall'inconscio (Freud diceva dal conflitto tra un impulso ritenuto inaccettabile e il divieto della coscienza), che non sappiamo razionalizzare e che ci attanaglia perché sfugge ad ogni identificazione.

Paradossalmente questa condizione di tensione è quella che corrisponde all'equilibrio. Non potremmo vivere senza questa situazione squilibrata di equilibrio. Eppure il più delle volte non ce ne rendiamo conto: ci aspetteremmo che il benessere venga dall'assenza di stimoli, mentre questa condizione ideale corrisponde solo alla "non esistenza" . Il sonno stesso, ritenuto come una condizione di allontanamento dagli stimoli esterni, è invece un immenso crocevia di sollecitazioni inconsce e di elaborazioni necessarie per la vita della nostra esistenza.

Basi fisiologiche e psicologiche dell'ansia


E’ assolutamente certo che l’essere umano erediti geneticamente gli strumenti che permettono al cervello, durante la vita fetale, di sviluppare in modo perfetto i sistemi di difesa che costituiscono la base biologica dell’ansia.

Il sistema è molto complesso e prevede una reazione che è contemporaneamente e psicologica. Recentemente le neuroscienze hanno permesso di “vedere dentro” il cervello e sono stati identificate, anche se ancora in modo impreciso, aree cerebrali, circuiti nervosi e biochimici che sovrintendono a questa delicata funzione

Quando i sensi colgono un pericolo (un rumore improvviso, un’immagine paurosa, una sensazione sgradevole), le informazione prendono 2 vie attraverso il cervello:
a. la scorciatoia: il cervello attiva immediatamente il “dispositivo di emergenza, l’amigdala, la quale a sua volta allerta tutte le strutture cerebrali. Il risultato è la classica reazione di paura (sudorazione delle mani, tachicardia, aumento della pressione sanguigna, scarica di adrenalina). Tutto questo accade prima che la mente si renda conto di ciò che ha sentito.
b. la strada principale: Solo dopo che la reazione di paura è stata attivata, la mente cosciente entra in funzione. Le informazioni passano per il talamo e la corteccia, dove vengono elaborate e viene “decisa” e comandata la reazione del corpo.


Naturalmente questi sistemi di difesa non predispongono allo sviluppo dell’ansia patologica, ma esclusivamente alla salvaguardia dell’individuo dagli attacchi del mondo esterno che potrebbero mettere a repentaglio la nostra vita.

Nell’ansia patologica, specie per quanto riguarda il disturbo da attacchi di panico come anche il disturbo ossessivo compulsivo, non si esclude che si possa ereditare la cosiddetta “propensione al disturbo”, vale a dire imperfezioni nel corretto funzionamento di alcuni sistemi biologici (specie della serotonina).

Ma ciò non significa che si eredita il disturbo: il cervello è un sistema plastico fortemente adattabile, e si possono creare nel corso della vita situazioni educative, ambientali sociali o culturali che attivano, in chi è predisposto, i sintomi dei disturbi d’ansia.

Lo strutturarsi di un certo tipo di personalità (modo persistente di vedere sé stesso, gli altri, il mondo, modo di essere, pensare e agire) può quindi ritenersi un fattore strettamente legato alla modalità di reazione ansiosa di tipo abnorme.

Non esiste una causa unica per l’ansia. Ci può essere una predisposizione genetica familiare ad essere ansiosi, può essere influenzata dall’educazione ricevuta, dallo stress causato da un importante cambiamento nella propria vita (la perdita del lavoro, un trasferimento, un lutto, un incidente, la nascita di un figlio), dalla bassa autostima. Questi fattori interagiscono tra di loro in maniera e in misura diversa da persona a persona.
I fattori biologici e i fattori ambientali/ psicologici sono strettamente legati ed interdipendenti.


- Base biologica (sistemi fisiologici di base)
- Predisposizione biologica (alcuni parlano di imperfezioni nei sistemi biologici)
- Predisposizione psicologica (strutturazione della personalità: modi di pensare, sentire, agire)
- Situazione ambientale (eventi di vita)

I Disturbi di Personalità


Con il termine “personalità” si intende, in maniera breve e semplicistica, l'insieme delle caratteristiche peculiari con le quali un individuo pensa e vede se stesso e il mondo e ne costruisce e gestisce le interazioni.
Ogni persona ha particolari caratteristiche (tratti di personalità) e questi tratti, in una situazione di salute, si adattano flessibilmente alle diverse situazioni, si modellano sulla base degli eventi, delle relazioni, delle circostanze del qui ed ora.

La persona con disturbi di personalità invece, manifesta alcuni tratti in modo accentuato e rigido, anche quando le circostanze richiederebbero atteggiamenti diversi e più adeguati.
Per esempio, una persona con disturbo istrionico di personalità ha costantemente bisogno di attenzione ed assume un atteggiamento seduttivo e provocante anche in momenti inopportuni, senza rendersi conto che in tali casi questo comportamento potrebbe essere imbarazzante per chi gli sta accanto.

Coloro che presentano questi disturbi, non sono consapevoli di quanto sia rigido e inadeguato il loro modo di essere, e mentre gli altri possono etichettarli come "strani", "paranoici", "esaltati", a seconda del disturbo presente, essi si vedono perfettamente normali, perché considerano quello, il normale modo di agire.

Molte persone possono essere definite "particolari" per il loro carattere, a volte magari esuberante, eccentrico, puntiglioso o aggressivo, ma si parla di disturbo di personalità solo quando il modello è persistente e crea vere e proprie difficoltà alla persona stessa e a chi la circonda.

Per disturbo di personalità (DSM-IV), si intende un modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e si manifesta in due o più delle seguenti aree:
- Cognitività (modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri, gli avvenimenti)
- Affettività (varietà, intensità e adeguatezza della risposta emotiva)
- Funzionamento interpersonale
- Controllo degli impulsi

Tale modello risulta pervasivo e inflessibile in una varietà di situazioni, comporta un disagio clinicamente significativo e una compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti. Il modello è di lunga durata e di solito l’esordio può essere fatto risalire all’adolescenza o alla prima età adulta. Non risulta giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale, né risulta collegato agli effetti fisiologici di una sostanza o di una condizione medica generale.


Disturbi di personalità – Gruppo A: comportamento bizzarro/eccentrico

Disturbo paranoide di personalità: chi soffre di questo disturbo pensa che gli altri tramino alle sue spalle per ingannarlo. E' sospettoso e convinto che vi siano complotti contro di lui anche se non c'e' nessuna prova a riguardo. Il quadro è caratterizzato da sfiducia e sospettosità e le motivazioni degli altri vengono interpretate come malevole.

Disturbo schizoide di personalità: chi soffre di questo disturbo è una persona solitaria, cui sembra non importare la relazione con gli altri. Raramente prova piacere, ha poche espressioni ed appare senza emozioni. Il quadro è caratterizzato da distacco nelle relazioni sociali e da una gamma ristretta di espressività emotiva.

Disturbo schizotipico di personalità: chi soffre di questo disturbo è una persona eccentrica e sente di avere poteri extrasensoriali o di essere particolarmente intuitiva. Il quadro è caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni strette, distorsioni cognitive e percettive, eccentricità nel comportamento.

Disturbi di personalità – Gruppo B: emotività drammatica/stravagante

Disturbo borderline di personalità: chi soffre di questo disturbo è molto impulsivo ed instabile sia nelle relazioni con gli altri, sia nell'immagine che ha di sé, sia negli affetti. Cambia spesso opinione ed obiettivi. Quadro caratterizzato da marcata instabilità ed impulsività.

Disturbo istrionico di personalità: chi soffre di questo disturbo è una persona seduttiva, teatrale, sempre alla ricerca di attenzioni. Spesso cerca di attrarre tramite l'aspetto fisico (o la malattia). Il quadro è caratterizzato da emotività eccessiva.

Disturbo narcisistico di personalità: chi soffre di questo disturbo si sente grandioso, perfetto, ricerca dagli altri lodi ed ammirazioni, come se gli fossero dovuti data la sua superiorità. Il quadro è caratterizzato da grandiosità, necessità di ammirazione, mancanza di empatia.

Disturbo antisociale di personalità: chi soffre di questo disturbo è una persona manipolativa, che viola i diritti degli altri senza provare sensi di colpa. E' spesso una persona irresponsabile e violenta.

Disturbi di personalità – Gruppo C: stato ansioso e timoroso

Disturbo evitante di personalità: chi soffre di questo disturbo si sente timido ed insicuro ed evita di avere rapporti sociali per timore delle critiche. Il quadro è caratterizzato da inibizione, sentimenti di inadeguatezza, ipersensibilità ai giudizi negativi.

Disturbo dipendente di personalità: chi soffre di questo disturbo ha grosse difficoltà a prendere decisioni ed iniziative e sente il forte bisogno di essere accudito, rassicurato, sostenuto. Il quadro è caratterizzato da un comportamento sottomesso legato ad un eccessivo bisogno di essere preso in cura.

Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi soffre di questo disturbo è un perfezionista, preoccupato costantemente per l’ordine e la precisione. Il quadro è caratterizzato da una pervasiva esigenza di controllo.

Una definizione di psicoterapia


La psicoterapia è una branca specialistica della psicologia che si occupa della cura di disturbi psicopatologici di diversa gravità che vanno dal modesto disadattamento all'alienazione profonda e possono manifestarsi in sintomi nevrotici oppure psicotici tali da nuocere al benessere di una persona fino ad ostacolarne lo sviluppo causando fattiva disabilità; a tal fine si avvale di tecniche applicative della psicologia dalle quali prende specificazione: psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia psicoanalitica, ecc.

Professionalmente la psicoterapia è una specializzazione sanitaria riservata a Medici e Psicologi iscritti ai rispettivi Ordini professionali e in Italia si consegue mediante un percorso formativo presso scuole di specializzazione universitarie ovvero in scuole di specializzazione private. Queste ultime legittimate da una Commissione di controllo del MUR - Ministero dell'Università e della Ricerca - ad erogare formazione specialistica.

Etimologicamente la parola psicoterapia, “cura dell'anima", riconduce alle terapie della psiche realizzate con strumenti psicologici quali la parola, l'ascolto, il pensiero, la relazione, nella finalità del cambiamento consapevole dei processi psicologici dai quali dipende il malessere o lo stile di vita inadeguato e connotati spesso da sintomi come ansia, depressione, fobie, etc.

I problemi oggetto di intervento dello psicoterapeuta vanno dal generico disagio esistenziale alle forme di disturbi più strutturati (dalle strutturazioni e sintomatologie nevrotiche a quelle psicotiche), fino alle più gravi forme di alienazione con interpretazione delirante della realtà, spesso con allucinazioni uditive, visive o tattili.
Possono essere affrontati fenomeni sintomatici quali l'ansia, la depressione, il disturbo maniacale, le fobie, le ossessioni, i disturbi del comportamento alimentare - anoressia e bulimia - e della sfera sessuale, il comportamento compulsivo, l'abuso di sostanze, etc. (i cosiddetti "disturbi di asse I del DSM"); così come i disturbi della personalità (disturbi di asse II del DSM"), o forme di disagio non psicopatologicamente strutturato e fenomeni complessi quali il mobbing, il conflitto coniugale ed altri. In generale lo psicoterapeuta si può interessare anche di riabilitazione di soggetti con disturbi psichiatrici e della riabilitazione di tossicodipendenti, sia all'interno di strutture sanitarie pubbliche (per esempio i Centri di Salute Mentale per i soggetti psichiatrici e i SERT nel caso delle tossicodipendenze) o all'interno di Comunità Terapeutiche che possono esser sia pubbliche che private.

Consulenza psicologica


Lo psicologo (Laureato in psicologia ed Iscritto all’Ordine degli Psicologi) in qualità di consulente non ha compiti riguardanti la prevenzione e la cura di una patologia, ma formula comunicazioni più o meno sintetiche su quanto, usando strumenti come test, colloqui, ecc., ha potuto professionalmente considerare in uno o più incontri con una persona, con un gruppo o dall'ambiente cui la consulenza è riferita.

Si distinguono allora la consulenza psicologica individuale, di gruppo e di contesto (lavoro, sicurezza, giudiziario, produttivo, commerciale, orientamento, ecc.), a seconda del soggetto cui il consulente rivolge la propria attenzione, da cui trae le informazioni e al quale fornisce la prestazione.

In base alle teorie generali e alla propria esperienza, dagli esiti di test e questionari, dalla considerazione dei fenomeni osservati, dall'ascolto di quelli riferiti e dalla conoscenza di quanto di utile connota il contesto osservato, lo psicologo ricava le informazioni necessarie per una descrizione dello stato dei fatti e delle eventuali alternative potenziali al fine di orientare la persona o l'ente committente verso scelte conformi ai propri desideri, bisogni e possibilità.

I giochi psicologici - Relazioni sempre con lo stesso finale

Avete mai avuto un'interazione sociale nella quale voi e l'altro, alla fine, vi siete sentiti entrambi a disagio?
Nella quale avete detto a voi stessi: "È successo di nuovo!", "Pensavo lui/lei fosse diverso … e invece!", "Come mai è successo di nuovo?". Una situazione nella quale vi siete sorpresi per come sono andate a finire le cose, rendendovi conto, al contempo, che quel finale vi era familiare?
Se vi è successo, è molto probabile che, in linguaggio A.T., steste effettuando un "gioco" psicologico.
Eric Berne, fondatore dell’analisi transazionale, è stato il primo a parlare di “giochi” e a suggerire come analizzarli.

I Giochi hanno alcune caratteristiche precise:
1. sono RIPETITIVI: ogni persona gioca il suo preferito più e più volte. Attori e contenuti possono cambiare ma lo schema di base è sempre lo stesso.
2. sono INCONSAPEVOLI: la persona li mette in scena senza rendersene conto e, anche in fase finale, quando si accorge del ripetersi effettivo dello schema, non è consapevole di aver contribuito essa stessa a costruirlo.
3. comportano uno scambio di TRANSAZIONI ULTERIORI tra i giocatori: c'è uno scambio che avviene a livello sociale manifesto e un altro scambio, (ulteriore appunto), che avviene a livello psicologico, indiretto. E’ proprio quest'ultimo che determina l'andamento della transazione.
4. comporta un momento di SORPRESA o CONFUSIONE in cui il giocatore ha la sensazione sia successo qualcosa d'inaspettato. Le persone sembrano aver cambiato ruolo.

I giochi non sono divertenti. Allora perché li effettuiamo? Gli autori A.T. hanno suggerito numerose ipotesi.
Tutti concordano su un punto: nell’effettuare un gioco, la persona, invece di utilizzare risorse e opzioni adulte nella gestione della relazione, attiva quelle strategie che nell’infanzia aveva trovato funzionali ad ottenere attenzioni (positive o negative che fossero). Gli Schiff suggeriscono inoltre che i giochi derivino da rapporti simbiotici irrisolti nei quali ciascun giocatore svaluta sia se stesso che l’altro. Ogni gioco è un tentativo di mantenere una simbiosi non sana o una rabbiosa reazione contro la simbiosi stessa.

Un es.

Jack incontra Jean. Si innamorano e decidono di vivere insieme. All'inizio tutto va benissimo. Con il passare dei mesi Jack inizia a fare soffrire Jaen: ignora i suoi bisogni, le inveisce contro, la picchia, si ubriaca, spende il denaro di lei. Jean, nonostante tutto, continua a scusarlo. Più lui si fa aggressivo, più lei si sente ferita, più lo scusa. Questo per tre anni. Poi, senza preavviso, Jean lascia Jack per un altro uomo. Jack trova un biglietto a casa, dove lei le dice che se n'è andata per sempre. Jack rimane stupito "com'è potuto succedere?". La rintraccia e la prega. Più lui la prega, più lei lo rifiuta duramente, più lui si sente male. Jack si sente depresso, abbandonato e si chiede "cos'ho che non va?" "mai più!". La cosa strana è che Jack ha già avuto due esperienze di rifiuto che hanno seguito lo stesso schema. Lo schema si ripete e lui torna a sentirsi sorpreso e rifiutato. Jean, dal canto suo, è già stata maltrattata da altri uomini. All'inizio lei ha accettato e poi, improvvisamente, ha rifiutato tutto, dicendosi per l'ennesima volta "gli uomini sono tutti uguali". Ciò nondimeno comincia rapporti con un altro uomo e la storia si ripete.

Un es.

Molly incontra Tom che ha l'aria affranta. Lui le dice: "Il mio padrone di casa mi ha buttato fuori, non so dove andare. Non so cosa fare". Molly preoccupata: "E' terribile, come posso aiutarti?". Tom sconsolato: "Non lo so" e rimane in attesa. Molly allora dice: "Non scoraggiarti, prova a guardare nel giornale, puoi affittare una stanza". Lui abbattuto: "Non ho abbastanza soldi". Lei: "Posso darti un aiuto per questo". Lui: "Carino da parte tua, ma non voglio la carità da parte di nessuno". Molly: "Beh, posso almeno prenotarti un letto all'ostello fino a quando non avrai risolto il problema?". Tom: "Grazie, ma non credo riuscirei a stare in mezzo a tutta quella gente!". Cade il silenzio. Molly non trova altre soluzioni. Tom tira un lungo sospiro, si alza e se ne va dicendo: "Grazie comunque per averci provato". Molly si chiede "Ma che diavolo è successo?". Si sente stupita, depressa, non all'altezza di aiutare gli altri. Tom si sente indignato e pensa: "Sapevo che non mi avrebbe aiutato!".


I.STEWART-V. JOINES "L'Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani" (pgg.295-327)

Il Triangolo Drammatico


Stephen Karpman ha elaborato questo strumento, il triangolo drammatico, per analizzare i giochi psicologici (= serie di transazioni ulteriori effettuate da due persone in modo inconsapevole e che conducono le stesse, in modo ripetitivo e reciproco, a vivere emozioni spiacevoli).
Egli afferma che ogniqualvolta noi effettuiamo un gioco psicologico entriamo in uno dei tre Ruoli:

Il SALVATORE: si prodiga nell’aiutare gli altri, spesso sostituendosi ad essi, quindi svalutandone le capacità di agire, pensare e gestirsi in modo autonomo (confermandone così il senso d’impotenza e d’inadeguatezza). Si attribuisce valore nella misura in cui è utile agli altri (evitando così di sentirsi Vittima). Ha bisogno di Vittime intorno a sé per continuare il Gioco.

Il PERSECUTORE: per evitare di sentirsi Vittima invita gli altri ad assumerne il ruolo. Lo realizza attaccandoli, criticandoli, sminuendoli, giudicandoli, condannandoli, svalutandoli.

La VITTIMA: si sente inferiore agli altri, svaluta la propria capacità di pensare e di agire. Va alla ricerca di un Persecutore o di un Salvatore che la assecondi nella sua posizione.

Ogni Ruolo comporta una svalutazione. Salvatore e Persecutore svalutano gli altri, la Vittima svaluta se stessa.
Sono tre Ruoli non autentici, non basati su una posizione adulta e su un esame realistico di se stessi, dell’altro e della realtà. Sono la proiezione sul qui ed ora di strategie infantili, anacronistiche e disfunzionali, di affrontare la vita.

Di solito la persona che effettua un gioco parte da uno dei tre Ruoli per poi spostarsi ad un altro. Questo spostamento di ruolo è palese nel momento della SORPRESA che caratterizza il Gioco, momento in cui i due partners cambiano posizione e rimangono entrambi stupiti di ciò che è successo (sebbene ne colgano il ripetersi).


Es.

Passaggio da Salvatore a Vittima: Il gioco di Molly "Perché non provi a... “.
Passaggio da Vittima a Persecutore: Il gioco di Tom " Sì... ma."

Molly incontra Tom che ha l'aria affranta. Lui le dice: "Il mio padrone di casa mi ha buttato fuori, non so dove andare. Non so proprio cosa fare". Molly preoccupata: "E' terribile, come posso aiutarti?". Tom sconsolato: "Non lo so" e rimane in attesa (Vittima). Molly allora dice: "Non scoraggiarti, prova a guardare nel giornale, puoi affittare una stanza" (Salvatore). Lui abbattuto: "Non ho abbastanza soldi". Lei: "Posso darti un aiuto per questo". Lui: "Carino da parte tua, ma non voglio la carità da nessuno". Molly: "Beh, posso almeno prenotarti un letto all'ostello fino a quando non avrai risolto il problema?". Tom infastidito: "Grazie, ma non credo riuscirei a stare in mezzo a tutta quella gente!". Cade il silenzio. Molly non trova altre soluzioni. Tom tira un lungo sospiro, si alza e se ne va dicendo freddamente: "Grazie comunque per averci provato" (Persecutore). Molly si chiede "Ma che diavolo è successo?". Si sente stupita, depressa, non all'altezza di aiutare gli altri (Vittima). Tom si sente indignato e pensa "incapace, sapevo che non mi avrebbe aiutato!".

I.STEWART-V. JOINES "L'Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani" (pg. 301)
S. WOLLAMS – M. BROWN “ Analisi Transazionale. Psicoterapia della persona e delle relazioni” (pg. 183)
E. BERNE “ A che gioco giochiamo?”